LA DISFATTA




La disfatta
Cap. 13: adesso vediamo che cosa succede nella casa di Davide. Non gli è risparmiato nulla al re Davide: ecco chi sono i suoi figli, ecco come si comportano. In realtà è una casa fatiscente, che non ha fondamenta. I figli, uno dopo l’altro, esprimono una miseria incorreggibile, una storia tragica. Davide è spettatore di questo crollo, il crollo della sua casa, il crollo della sua paternità, il crollo della sua regalità, del suo potere.
E’ spettatore di eventi che non fanno altro che fornirgli lo specchio in cui riconoscere la tristezza miserabile del suo fallimento. Il figlio primogenito di Davide si chiama Amnon, un personaggio molto dotato e tutti sono convinti che sarà l’erede. Soltanto che questo Amnon si innamora di una sorellastra che si chiama Tamar. E’ un’altra figlia di Davide, figlia nata da un’altra madre, Tamar. Vuole a tutti i costi abusare di lei e si permette di violentarla. Dopodiché un odio feroce nei confronti di quella ragazza di cui ha approfittato in modo così spudorato: la caccia, non ne vuole più sapere.
Davide è informato. 2Sam 13,21: «Il re Davide seppe tutte queste cose e ne fu molto irritato, ma non volle urtare il figlio Amnòn, perché aveva per lui molto affetto; era infatti il suo primogenito».
Davide ascolta, Davide è informato, Davide viene a conoscenza, ed è la conoscenza di un uomo con animo trepidante e sempre più ferito intimamente. Davide non interviene, è come se avvertisse una forma di paralisi, non può prendere posizione. C’è per di più l’affetto sincero e intenso per questo figlio, il primogenito. Dovrebbe essere l’erede ed è un mascalzone spudorato. Davide lo sa bene, non interviene, è impotente.
Tamar ha un fratello che è anch’egli figlio di Davide. Con Tamar sono figli della stessa madre. Questo personaggio si chiama Assalonne, ambiziosissimo, genialissimo, vivacissimo, affascinante più che mai. Assalonne se l’è legata al dito, è evidente: è sua sorella. L’ha presa in casa sua e ordisce una congiura per vendicarsi. Un bel giorno invita Amnon e gli altri principi della corte nella sua residenza di campagna, perché deve tosare il gregge. E proprio nel corso di quella festa di famiglia fa trucidare Amnon, il principe ereditario. Un disastro.
Naturalmente Assalonne deve fuggire. Adesso Davide è informato. Non soltanto Amnon è morto, ma Assalonne è fuggito e tutti gli altri nella sua figliolanza sono morti. Ormai la guerra è dichiarata, gli equilibri sono scompensati, tutti i programmi si stanno disfacendo, non tengono più. In 2Sam 13,36-37 Davide ha ricevuto la notizia, come ebbe finito di parlare l’informatore «ecco giungere i figli del re, i quali alzarono grida e piansero; anche il re e tutti i suoi ministri fecero un gran pianto. Quanto ad Assalonne, era fuggito ed era andato da Talmài, figlio di Ammiùd, re di Ghesùr. Il re fece il lutto per il suo figlio per lungo tempo».
E’ morto Amnon ed è perso Assalonne e tutti gli altri figli sono isolati. E’ traballante tutta l’articolazione della politica interna perché la stabilità del potere dipende dalla presenza di un erede.
Assalonne rimane in esilio per 3 anni, perché ci vuole tempo perché Davide plachi il suo dolore. Poi Assalonne fa di tutto per rientrare. A corte ci sono quelli che si rendono conto come sia traballante l’equilibrio dell’istituzione monarchica e si danno da fare per ottenere da Davide il permesso affinché Assalonne possa rientrare. Ioab, che è parente stretto di Davide, comandante dell’esercito, fa di tutto per favorire Assalonne, ci tiene ad avere sotto mano un erede. Assalonne rientra, cap. 14. Per il primo periodo non può presentarsi in pubblico, è rientrato a Gerusalemme ma rimane a casa sua, v. 24: «"Si ritiri in casa e non veda la mia faccia". Così Assalonne si ritirò in casa e non vide la faccia del re».
Assalonne però non sopporta una discriminazione del genere e ad un certo momento usa dei metodi piuttosto sbrigativi per ottenere finalmente l’accesso a corte.
E così vanno le cose. Il re, da parte sua, un po’ è disinformato, un po’ non vuole informarsi. E’ affezionato ad Assalonne: è suo figlio! Sa che deve contare su un erede e un insieme di indizi piuttosto evidenti per tutti i contemporanei suggerisce che l’erede sia proprio Assalonne. Assalonne viene riammesso a corte, v. 33:
«Il re fece chiamare Assalonne, il quale venne e si prostrò con la faccia a terra davanti a lui; il re baciò Assalonne».
Adesso Assalonne ha possibilità di muoversi a suo piacimento e si dà un gran daffare: organizza le cose in base a certe sue genialissime abilità di tipo clientelare, prende contatto con le tribù più lontane, quelle che sono più oppresse, meno favorite, costruisce tutta una rete di relazioni dirette per attirare a sé la simpatia, la solidarietà, il debito della gente. Assalonne ci sa fare: va incontro a tutti, bacia tutti, abbraccia tutti, si presenta come garante nel seguire le cause di coloro che hanno difficoltà di ordine giudiziario, garantisce il suo appoggio, sa come muoversi. Chi più di lui ha credenziali autorevoli. Assalonne sta tramando.
Davide è spettatore di tutto questo, ma non interviene. Davide appare sempre di più come congelato, non reagisce, è un osservatore preoccupato non tanto di interagire, quanto piuttosto di scavare in se stesso, nell’intimo della sua coscienza per discernere nella profondità del cuore il senso degli eventi che si stanno svolgendo sulla scena pubblica. Che padre sono io? Che re sono io? Quale potere regale mi è stato conferito e quale potere regale diviene struttura sacramentale della storia della salvezza per cui mi sarà dato un erede?
Assalonne procede nelle sue tresche politico-clientelari. A un certo momento insorge, ha buon gioco, non ha oppositori. Davide non si difende.
Le pagine che stiamo sfogliando sono veramente grandiose non solo letterariamente; è la densità del vissuto che non può sfuggirci. Assalonne insorge e muove ormai con i suoi armati contro Gerusalemme.
2Sam 15,13: «Arrivò un informatore da Davide e disse: "Il cuore degli Israeliti si è volto verso Assalonne"». Assalonne ottiene favori. A tutti quelli che incontra sulla sua strada promette; un concorso popolare rende l’insurrezione di Assalonne un fenomeno intrattenibile, come una marea che sta salendo per travolgere qualunque opposizione. La notizia giunge a Davide che fugge.
«Allora Davide disse a tutti i suoi ministri che erano con lui a Gerusalemme: "Alzatevi, fuggiamo; altrimenti nessuno di noi scamperà dalle mani di Assalonne"».
Assalonne muove contro Gerusalemme, muove contro suo padre, vuole uccidere suo padre: «Nessuno di noi scamperà dalle mani di Assalonne. Partite in fretta perché non si affretti lui a raggiungerci e faccia cadere su di noi la sventura e colpisca la città a fil di spada». La guardia del corpo, i collaboratori più vicini e più fidati, assieme con Davide fuggono.
«Il re dunque uscì a piedi con tutta la famiglia; lasciò dieci concubine a custodire la reggia. Il re uscì dunque a piedi con tutto il popolo e si fermarono all'ultima casa».
Davide assiste al passaggio di quelli che stanno fuggendo con lui, i suoi fedelissimi, mercenari che si erano consacrati al suo servizio, i suoi ministri. Ci sono quelli che hanno tradito, ci sono i suoi collaboratori, consiglieri che sono già passati dalla parte di Assalonne, ma ci sono quelli che sono rimasti vicino. Davide assiste a questo passaggio, anzi invita molti di questi a tornarsene a casa loro: andate, cosa c’entrate voi con me? Siete qui occasionalmente, siete forestieri, avete altre possibilità, altre speranza per la vita vostra. Quelli che sono accanto a Davide confermano la loro intenzione di accompagnarlo, di seguirlo. E tutti piangono. v. 23:
«Tutti quelli del paese piangevano ad alta voce, mentre tutto il popolo passava. Il re stava in piedi nella valle del Cedron e tutto il popolo passava davanti a lui prendendo la via del deserto».
Il re sta li, impalato, congelato. Eppure ci rendiamo conto che è intimamente scosso, è travolto da sentimenti potentissimi, una trepidazione sconvolgente. Anche il re piange. v. 30:
«Davide saliva l'erta degli Ulivi».
Dice tante cose a noi questa erta degli Ulivi. Per guardare l’ultima volta Gerusalemme, si sale l’erta degli Ulivi, si volge indietro e guarda Gerusalemme. Chi arriva da oriente raggiunge la cresta del monte degli Ulivi e finalmente vede Gerusalemme. Adesso Davide sta fuggendo da Gerusalemme: «saliva piangendo e camminava con il capo coperto e a piedi scalzi». Ecco, questo è il re, a capo coperto, in segno di lutto, a piedi scalzi in atteggiamento penitenziale. E’ già da un pezzo che noi ci siamo resi conto del fatto che la vita di Davide ha preso questa piega, si è configurata come una vicenda penitenziale. E’ da un pezzo che è così. Davide peccatore in pianto, Davide peccatore ha confessato. A lui, attraverso il profeta Natan a suo tempo il Signore diede quell’annuncio: non questo figlio, ma il figlio che nascerà secondo la promessa. Tu Davide non morirai.
E poi sappiamo quello che è successo. Davide non è morto. E’ invecchiato sempre di più. Ormai è un uomo molto avanti negli anni. Suo figlio è il suo nemico. Lui se ne sta fuggendo da Gerusalemme, sale piangendo. Anche Gesù piangerà una volta che dall’alto del monte degli Ulivi scorgerà Gerusalemme. «Tutta la gente che era con lui aveva il capo coperto e, salendo, piangeva».
«Fu intanto portata a Davide la notizia: "Achitòfel è con Assalonne tra i congiurati"». Achitofel è un sapiente. E’ vero che nel frattempo, aiutato dai suoi collaboratori, tenta di organizzare qualche forma di resistenza, ma intanto bisogna allontanarsi prima che sia possibile, raggiungere il Giordano e poi bisogna sperare che Assalonne non insegua subito Davide e i suoi uomini. E infatti andranno così le cose. Assalonne è giovane intelligente, brillante, intraprendente, determinato, ma qui sbaglia le mosse.
Ancora non è del tutto sicuro di sé, rinvia l’inseguimento, quello che consentirà a Davide e ai suoi di attraversare il Giordano e di trasferirsi nel territorio di oriente.
v. 5: «Quando poi il re Davide fu giunto a Bacurìm, ecco uscire di là un uomo della stessa famiglia della casa di Saul». Territorio di Beniamino, Saul era un beniaminita. Dunque questo tale viene allo scoperto, si chiama Simei, figlio di Ghera.
«Egli usciva imprecando e gettava sassi contro Davide e contro tutti i ministri del re Davide, mentre tutto il popolo e tutti i prodi stavano alla destra e alla sinistra del re. Simeì, maledicendo Davide, diceva».
Vedete cosa si permette questo personaggio. Comunque sia la situazione è tale per cui lui può affrontare il re con questa straffottenza: «Vattene, vattene, sanguinario, scellerato! Il Signore ha fatto ricadere sul tuo capo tutto il sangue della casa di Saul, al posto del quale regni»
Come se Davide dovesse essere ritenuto responsabile del fallimento di Saul! Quel tale si permette di affrontare Davide così perché Davide sta fuggendo, la situazione è precipitata.
«Il Signore ha messo il regno nelle mani di Assalonne tuo figlio ed eccoti nella sventura che hai meritato, perché sei un sanguinario».
Ora c’è un giovane cugino di Davide, Abisai che dice: Guarda, adesso vado e gli taglio la testa.
«Ma il re rispose: Che ho io in comune con voi, figli di Zeruià?». Zeruià è la madre di Abisai. «Se maledice, è perché il Signore gli ha detto: Maledici Davide! E chi potrà dire: Perché fai così?». Lascia che maledica.
«Poi Davide disse ad Abisài e a tutti i suoi ministri: "Ecco, il figlio uscito dalle mie viscere cerca di togliermi la vita: Quanto più ora questo Beniaminita!».
C’è mio figlio che marcia contro di me e io dovrei prenderla con questo beniaminita che mi maledice? «Lasciate che maledica, poiché glielo ha ordinato il Signore. Forse il Signore guarderà la mia afflizione e mi renderà il bene in cambio della maledizione di oggi. Davide e la sua gente continuarono il cammino e Simeì camminava sul fianco del monte, parallelamente a Davide, e, cammin facendo, imprecava contro di lui, gli tirava sassi e gli lanciava polvere».
Una scena terribile. Loro camminano sul bordo della valle e dall’alto della cresta Simei continua a imprecare, buttando sassi e polvere e maledicendo. «Il re e tutta la gente che era con lui arrivarono stanchi presso il Giordano e là ripresero fiato».
Adesso a oriente del Giordano, dopo alcuni altri eventi che chiariscono le posizioni, gli schieramenti, si raccolgono le forze dei due eserciti contrapposti, a oriente del Giordano la battaglia decisiva.