REGALITA' E POTERE




Regalità e potere
Questa sera vorrei occuparmi di un personaggio, esattamente di Davide, passando in rassegna una serie di pagine del secondo libro di Samuele. Il personaggio Davide non è sconosciuto e gli eventi a cui fanno riferimento le pagine di cui ci occuperemo sono più o meno presenti nella nostra esperienza già acquisita di lettori della Sacra Scrittura e di conoscitori della storia della salvezza.
Certamente Davide è uno dei grandi personaggi. La storia della salvezza passa attraverso di lui in modo decisivo, stabile.
Attorno all’anno 1000 a.C. vive e opera questo personaggio a cui la storia della salvezza conferisce un valore strutturale, nodale, un riferimento che consente di ricapitolare tutte le vicende antecedenti e di impostare le vicende che verranno fino alla pienezza dei tempi, quando colui che compare sulla scena ed è il personaggio definitivo, ultimo, esauriente della storia della salvezza, di tutta la storia umana, è individuato senz’altro come il figlio di Davide.
Il secondo libro di Samuele, Davide re. La regalità di Davide. Interessa proprio questa particolare dimensione del personaggio. E’ una dimensione carismatica, perché la regalità di Davide esprime un valore intrinseco, teologale della sua vocazione, della missione che gli è affidata nella storia della salvezza.
La regalità di Davide ha qualcosa da dire a riguardo del tema del potere.
Davide è figura esemplare per quanto riguarda la regalità , passando attraverso alcune situazioni piuttosto problematiche. Ci sono delle tappe d’accostamento alla configurazione del potere regale del popolo di Dio che sono addirittura polemiche, momenti di rifiuto, atteggiamenti di ostilità nei confronti di una istituzione monarchica che avrebbe compromesso l’unica regalità che compete al Signore Dio d’Israele.
Il primo re d’Israele è una figura tragica, si tratta di Saul. Accanto a Saul, alla scuola di Saul, a contatto con Saul vive e cresce, impara il mestiere di re Davide. E se è vero che il primo re a tutti gli effetti è Saul, è anche vero che proprio a Davide può essere attribuito il titolo regale in forma esemplare, che rimane riferimento indelebile per le generazioni successive.
La figura di Saul è travolta in un fallimento clamoroso, ma è proprio la comparsa di Davide che conferisce alla istituzione monarchica quel rilievo sacramentale che resterà come insostituibile valore di orientamento nella storia della salvezza. Non a caso noi continuiamo ad usare comunemente nel nostro linguaggio cristiano una terminologia che in tanti modi, con tante approssimazioni, rinvia alla regalità. Noi quotidianamente invochiamo la venuta del re, la manifestazione della regalità.
E’ inevitabile fare i conti con Davide e con la regalità di Davide. E’ una regalità che si afferma in contatto con lo sviluppo fallimentare dell’esperienza precedente di Saul, che la ricapitola e recupera. Davide svetta, Davide è personaggio luminoso, Davide è figura che attrae a sé l’interesse, il compiacimento, l’ammirazione di tutti nella sua generazione e rimane come segnale di orientamento per le generazioni future.
Anzi, quando alcuni secoli dopo non esisterà più l’istituzione monarchica, non esisterà più il re sul trono che fu anticamente di Davide, ancora i credenti del popolo di Dio continueranno a rivolgere la propria aspirazione più profonda verso la promessa di un nuovo Davide.
La succesione al trono
Capp. 7-20 di 2Sam. Questi capitoli costituiscono senza dubbio il nucleo più antico di tutta la narrazione che si sviluppa nei due libri di Samuele. E’ il nucleo originario di tutta la narrazione; i fatti relativi al periodo antecedente, sono stati inseriti nella narrazione ampliando e articolando il racconto, a partire da questo nucleo. I capp. 7-20 di 2Sam trattano della successione al trono di Davide.
L’istituzione monarchica era stata dapprima mal vista, mal giudicata, considerata come una minaccia pericolosa dai grandi personaggi dell’epoca precedente, basti pensare a Samuele, che pure unge il primo re, Saul, e unge pure re Davide. Samuele è un personaggio che sta sulla soglia, egli da parte sua dichiara espressamente di essere angustiato dalla prospettiva che il popolo d’Israele si adegui a quelle che sono le consuetudini degli altri popoli. Anche il popolo d’Israele deve essere governato da un re? Samuele è istintivamente contrario a una soluzione del genere, ma si adegua a un disegno che è più grande di lui e che in modo evidentissimo manifesta le intenzioni provvidenziali di Dio stesso: anche Israele avrà un re. Il primo caso, quello di Saul, si trasforma in una avventura terribile, sconvolgente. Eppure Saul, è un personaggio a cui devono essere riconosciuti dei meriti, delle qualità, ha una grandezza, ma tante complicazioni e contraddizioni poi lo travolgono.
Davide regna. L’istituzione monarchica è elemento di coagulo per le tribù che sono ancora piuttosto tendenti all’autonomia, garantisce l’unità interna del popolo, l’organizzazione della vita nel paese, e, soprattutto, garantisce la difesa nei confronti dei nemici esterni, e anzi consentirà, nel corso di alcuni decenni, un allargamento del raggio di influenza che il popolo d’Israele può esprimere, inglobando dei territori, ottenendo il vassallaggio di popolazioni confinanti, tutto questo perché l’istituzione monarchica consente quella organizzazione interna e quella politica esterna da cui il popolo come tale trarrà dei vantaggi. E’ vero che corrispondentemente il popolo subisce delle conseguenze che già erano state preannunciate da Samuele, conseguenze pesanti.
La regalità è pienamente instaurata quando colui che siede sul trono può presentare l’erede, perché la regalità sussiste in pienezza quando diviene garanzia di stabilità. Non è più come al tempo dei giudici, un personaggio dotato di particolari capacità carismatiche che interviene in quel momento, in quella generazione, in quel luogo per affrontare quel problema.
L’istituzione monarchica permette al governo del popolo intero, raccogliendo la diversità delle tribù e sistemando la distribuzione dei sudditi in tutto il territorio consente di guardare al futuro con animo rasserenato. Questa caratteristica del potere monarchico a noi sfugge, eppure essa è decisiva. Colui che siede sul trono è a pieno titolo riconosciuto come re quando è in grado di offrire la garanzia di un seguito, di una successione, c’è un erede che già è pronto per subentrare.
Chi è l’erede di Davide? Non è soltanto una questione di ordine dinastico, nel contesto di una procedura che già funziona automaticamente. Non è soltanto il vezzo, la curiosità politica di qualche curioso indagatore degli equilibri che si vengono esprimendo negli ambienti di corte. Qui è in questione la regalità di Davide in quanto tale, il valore sacramentale di questa regalità, il segno che Dio stesso ha voluto superando tutte le resistenze e le opposizioni, convincendo addirittura Samuele a prestarsi a questa avventura. E’ Dio stesso che ha voluto fare della istituzione monarchica un modo per rivelare la sua presenza, per confermare la sua iniziativa, per procedere nella maturazione delle coscienze in vista di quel pieno compimento delle promesse che risalgono all’epoca dei patriarchi e che giungeranno alla realizzazione nella pienezza dei tempi.
Notate bene che stando così le cose, la regalità coincide con la paternità di Davide. Davide è padre, ha un figlio, presenta il figlio, sarà il suo erede. Davide è definitivamente riconosciuto e qualificato in se stesso come re, perché è in grado di testimoniare la realizzazione della sua paternità potendo ormai presentare l’erede, il figlio che gli succederà.
Quando si fu stabilito nella sua casa
2Sam 7: è una pagina famosissima, l’episodio in cui viene formulata per la prima volta in modo esplicito la cosiddetta promessa messianica. 2Sam 7 è un testo di primaria importanza in tutta la rivelazione biblica che ci porta dritti dritti fin nel cuore del Nuovo Testamento, fino all’annunciazione a Maria. Quando l’angelo si presenta a Maria nella casa di Nazareth, cita 2Sam 7.
«Il re quando si fu stabilito nella sua casa». Così si apre il racconto. Anticamente era certamente una unità a se stante, è il nucleo originario attorno al quale tutto l’insieme degli altri racconti si è venuto componendo.
«Il re quando si fu stabilito nella sua casa». Questo è il punto di partenza: il re ha una casa e la casa non è soltanto un edificio, la casa è una famiglia, la casa è una parentela, la casa è tutto il complesso di relazioni che movimentano quella casa, che la rendono viva. Davide ha molti figli. "La sua casa", questo termine è molto comune nel linguaggio biblico per indicare l’equivalente del nostro termine famiglia. La casa di Davide è la famiglia di Davide, la casa di Giacobbe, la casa di Giuseppe, la casa di… Davide ha una grande famiglia, ha molti figli, vedete, non ha problemi. Si tratta soltanto di indicare l’erede, ma questa è una procedura di ordine tecnico. Adesso giunge il momento in cui gli eventi maturano. Per Davide si tratta soltanto di precisare chi sarà l’erede, ma Davide è stabilito nella sua casa.
Nel frattempo è anche vero che Davide re si è costruito una reggia. Questo è confermato anche dagli scavi archeologici. Una reggia piuttosto sontuosa e se ne vanta. Fatto sta che Davide ha un pensiero. Dato che ormai lui è re consolidato al punto che la reggia sta li a dimostrare in modo così vistoso la solidità della sua casa, la stabilità del suo trono attraverso l’erede che sarà designato, Davide ritiene opportuno dedicarsi alla costruzione di una casa per il Signore, ossia alla costruzione di un tempio. Prende questa decisione, informa il profeta Natan, sembra che tutto debba andare in questo modo. Il profeta Natan torna da Davide e gli dice: guarda che le cose non stanno così.
Il racconto di cui dobbiamo occuparci si apre con una smentita, un avvertimento per Davide: stai attento, perché le cose non stanno come a te sembra che sia tutto scontato. Attraverso il profeta il Signore manda a dire a Davide: guarda non sei tu che costruisci una casa per me, io non ho bisogno di un tempio, dice il Signore, un tempio me lo costruirà un altro più avanti. Non ho bisogno di un tempio, sto benissimo sotto una tenda, sono abituato a questo tipo di dimora. Non tu costruirai una dimora per me, stai attento Davide, perché invece sono io che costruisco una casa a te.
Una affermazione un poco curiosa questa, perché il punto di partenza del racconto di cui ci stiamo occupando, consisteva in quella affermazione che ci era presentata come evidente in se stessa, inoppugnabile: Davide una casa se l’è già costruita, esercita la funzione regale, svolge in pienezza il ruolo del sovrano, è dotato di quelle prerogative del potere regale, perché ha una casa, se l’è costruita ed è una casa solidissima. E invece il Signore gli manda a dire: non sei tu che costruirai una casa per me, sono io che costruisco una casa per te, sono io che ti do una famiglia, sono io che ti do un figlio, sono io che ti do un erede.
Questo modo di intervenire del profeta costituisce un affondo veramente provocatorio in rapporto a una situazione serena e ormai incrollabile che Davide ritiene di avere acquisito. Davide, tra l’altro, ha una lunga carriera alle spalle, con tante vicissitudini, con tante incertezze. Davide ha già dato prova di sé in modo mirabile delle sue qualità umane, delle sue qualità morali, delle sue qualità spirituali. Davide è l’uomo di Dio oltre che l’uomo di potere, Davide è orante e contemplativo oltre che guida energica, risoluta, appassionata dei suoi sudditi, in ogni impresa.
Eppure il Signore gli manda a dire: vedi che sono io che intervengo per darti una famiglia. Su quel terreno che ritenevi ormai di avere già organizzato in base alle tue prerogative regali, intervengo io; non è vero che tu ti sei costruito una casa, non è vero che tu hai una famiglia, non è vero che tu sei padre, non è vero che hai una figlio, te lo do io: la promessa messianica.
2Sam 7,12: «Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu giacerai con i tuoi padri, io assicurerò dopo di te la discendenza uscita dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno».
Questo è il linguaggio usato dall’angelo quando si presenta alla Madonna: «Renderà stabile il trono di Davide suo padre» (cfr. Lc 1,32-33).
Io farò questo: darò a te un successore. Dare a Davide un successore significa dare a Davide il titolo regale: Io ho fatto di te un re, io ho fatto di te un padre, io rendo stabile il tuo trono, il tuo potere, quello per cui sei sovrano dei tuoi sudditi e per cui sei coinvolto nella storia della salvezza come sacramento che rivela l’intenzione di Dio.
E, come dice il v. 13, sarà proprio questo discendente di Davide che edificherà una casa al mio nome, è lui che costruirà un tempio per me e io renderò stabile per sempre il trono del suo regno. Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio. Se farà il male… ecc.
Natan parlò a Davide con tutte queste parole secondo questa visione (v. 17) . Davide recepisce il messaggio, ma in modo che è ancora piuttosto incerto, nebuloso. Davide semplicemente accoglie con rispetto, con sincera devozione il messaggio che gli è stato rivolto tramite il profeta. Come andranno adesso le cose